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QUILICI ARCHEO-THRILLER DI PASSIONE Di Antonio Spinosa |
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D.: Quilici, che cosa ti spinge a narrare l'avventura? Mi sembra che in condizioni avventurose, in momenti di pericolo o di fronte alla violenza di uomini o della natura, i protagonisti e gli antagonisti d'una vicenda rivelano il meglio e o peggio di sé stessi. D.: Pirati? Oggi?... non è una situazione ottocentesca?
D.: Sullo sfondo di questo mare difficile e pericoloso qual è la vicenda da te narrata? Per amore della scienza i protagonisti, gli archeologi subacquei Marco Arnei e Sarah Morasky, partono per le isole Dalhak, nell'estremo sud del Mar Rosso. Laggiù, dove la diplomazia delle grandi potenze occidentali si muove con cautela per non inimicarsi gli stati islamici che si affacciano su quelle acque. Anche per questo la Spedizione organizzata dai due testardi ricercatori deve muoversi con cautela, tra isole deserte e reef corallini. Un mondo insidioso nel quale gli archeosub sono alla ricerca del relitto dell'Elizabeth, un piroscafo inglese naufragato all'inizio del secolo scorso, mentre trasportava verso Londra opere d'arte indiane molto preziose. ![]() È grande la sorpresa quando, durante le loro operazioni sottomarine, gli uomini immersi si trovano di fronte a qualcosa di molto diverso, un relitto d'acciaio, da tempo sul fondo, coperto da incrostazioni, quasi fosse in attesa di raccontare la sua storia, è un sommergibile. Di esso i protagonisti del romanzo intendono capire, anche a rischio della vita, come mai si trovi in quei fondali. A quale nazione appartiene? Perché nella storia ufficiale della Seconda guerra mondiale non ci sono tracce del suo affondamento? A bordo non ci sono resti umani, ci si chiede quindi dove sia finito l'equipaggio. Attorno a questa scoperta e al suo mistero si scatena l'avidità di molti. D'improvviso le isole deserte si rivelano animate da figure ambigue e minacciose, militari corrotti e ambiziosi, ribelli armati e spie, mercanti di schiavi e i pirati dei quali ho detto. D.: Bene. Ma i due archeologi di questo romanzo sono personaggi che abbiamo già conosciuto... Sì, furono i protagonisti dei miei due precedenti romanzi, Alta Profondità e L'Abisso di Hatutu. Evidentemente il loro essere "eroi" senza volerlo essere, la loro determinazione nel raggiungere lo scopo che si prefiggono ma senza strafare, il sentirsi obbligati a rischiare pur di raggiungere lo scopo prefisso, insomma la loro umanità semplice, limpida, li ha resi simpatici ai lettori. E io mi sono, per così dire, affezionato a loro, ormai li conosco bene, sto bene in loro compagnia. Per questo, e per il successo che riscuotono nei lettori, non voglio perderli e li sto accompagnando d'avventura in avventura, di libro in libro. Sono già al lavoro sul quarto romanzo che li avrà come protagonisti, e mi sto appassionando a scriverlo. Anche se è difficile, molto difficile, trovare ancora una volta un giusto punto di fusione tra la parte immaginaria, letteraria, di una vicenda e il back-ground scientifico, storico. D.: Da cosa nasce, in te, la scelta del tema archeologico-avventuroso, la scelta di personaggi allo stesso tempo scienziati ed esperti esploratori del mondo sottomarino?
D.: Anche io ho commoventi ricordi di Moscati. Ma a questo punto non puoi non rivelare quale è stato il momento più emozionante di "Mare Rosso".
D.: E invece?
Antonio Spinosa |
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